Armi al nuovo governo libico per combattere l’ISIS

img-_innerArt-_27048565825_2de27f9d91_b

 

A Vienna è in corso il congresso che dovrebbe portare ad una stabilizzazione della situazione della disastrata Libia; i governi occidentali, su pressione del Segretario di Stato degli Stati Uniti John Kerry e del Ministro degli esteri italiano Gentiloni, hanno deciso di allentare l’embargo sulle armi che gravava sul Paese nordafricano dal 2011 per dare più armi all’esercito regolare libico contro l’ISIS.

Lo scopo è equipaggiare ed addestrare le forze armate libiche perché possano portare avanti la lotta contro gli uomini in nero del sedicente Califfato senza dipendere sempre dall’aiuto di forze straniere; quello che conta è che i libici riprendano da soli il possesso del loro Paese. Tutti i Paesi e le organizzazioni internazionali presenti a Vienna hanno assunto l’impegno di equipaggiare con armi moderne ed efficienti le forze regolari libiche che rispondono al nuovo Primo Ministro libico Al Sarraj, il cui governo è l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale.

Lo stesso Al Sarraj ha ribadito: ” Alla comunità internazionale chiediamo di aiutarci. Non chiediamo un intervento diretto, ma un sostegno per addestrare ed equipaggiare le nostre forze”. Il governo di Al Sarraj in questo momento ha veramente bisogno di aiuto: la Libia rimane disastrata e divisa in zone di influenza contese tra governo islamista di Tripoli, governo filo occidentale di Tobruk, milizie islamiste, ISIS e signori della guerra senza scrupoli.

I pozzi petroliferi libici sono al centro della contesa perché chi li gestisce può facilmente assicurarsi un business che vale milioni di dollari ed è per questo che il nuovo governo fortemente voluto dalle Nazioni Unite sta facendo di tutto per proteggerli.

Un intervento diretto di militari stranieri di certo non farebbe altro che rendere la situazione libica ancora più rovente ed è per questo che tutti i governi presenti a Vienna vogliono che siano i cittadini libici ad occuparsi in prima persona di rimettere in sesto il loro Paese. Per la maggior parte dei Paesi occidentali, soprattutto per l’Italia, una Libia unita sotto il governo di Al Sarraj vuole anche dire la fine delle partenze dei tanti barconi carichi di migranti che partono per l’Europa con la vana speranza di un futuro migliore e quindi la fine della crisi umanitaria che tante divisioni sta creando all’interno dell’Unione Europea.

 

 

 


Lascia un commento